Milano, ospedale in ginocchio tra caldo e Covid: “Pensiamo di chiamare il prefetto”

20/07/2022

(Adnkronos) – Il caldo che mette a dura prova la salute dei grandi anziani, l’ordinaria attività internistica ospedaliera, i pazienti Covid-positivi. Emergenze che si intrecciano e stanno portando sull’orlo del tilt diverse strutture sanitarie d’Italia in questi giorni. L’ultimo allarme arriva da Milano. Dopo giorni di temperature arroventate, l’Istituto clinico Città Studi è al “terzo o quarto alert lanciato a tutte le autorità. Due di questi erano Sos molto angosciati”, dice all’Adnkronos Salute Pasquale Ferrante, direttore sanitario e scientifico della struttura. I numeri spiegano meglio di ogni altra cosa la situazione: “Noi oggi abbiamo qualcosa come 85 pazienti di area medica, di cui 28 sono Covid-positivi, per un ospedale che è accreditato solo per 59 posti letto di area medica. All’inizio volevamo scrivere al prefetto, mi ero anche procurato l’indirizzo email”. 

Poi, prosegue, “guardando il report dell’Areu ci siamo resi conto che fra gli ospedali dell’area metropolitana di Milano ce ne sono numerosi che hanno problemi di affollamento e sono in crisi come noi. Quindi ci siamo detti: aspettiamo domani e dopodomani per vedere come va e, se l’emergenza persiste, eventualmente scriviamo al prefetto che è l’unica autorità che può chiudere un pronto soccorso. Ma noi non vorremmo fare questo. Vorremmo soltanto riuscire a rimettere in moto il meccanismo per cui dimettiamo e ricoveriamo. Adesso invece siamo purtroppo fermi alla fase del ricovero con una difficoltà enorme di dimissioni”. 

Ferrante analizza come si sia arrivati a questo punto: “Oggi abbiamo due emergenze. Una è abbastanza frequente e strutturale alla nostra società milanese, ed è quella dell’accesso veramente notevole al pronto soccorso di pazienti, la maggior parte dei quali sono di area medica, internistica. In particolare in alcune aree come quella servita dal nostro ospedale, che è abitata da tanti grandi anziani. Sono pazienti che hanno patologie di natura respiratoria o cardiologica, vediamo tanti scompensi, riacutizzazioni di broncopneumopatie croniche. Questa tipologia di pazienti in questo periodo è costantemente in aumento e probabilmente su questo trend incide il grande caldo di questi giorni. Proprio ieri abbiamo ricevuto un alert dall’Ats, che ci ha annunciato che ci sarà un super afflusso legato alle temperature elevate, ma in effetti le temperature sono elevate già da un paio di settimane e questo ha probabilmente già portato molti anziani all’ospedale. C’è poi un altro problema che continua sottotraccia, che è quello dei pazienti Covid-positivi”.  

In questi giorni, riferisce Ferrante, “abbiamo un aumento molto importante e significativo di pazienti Covid-positivi. Credo stia succedendo anche ad altri ospedali, ma sicuramente nel nostro: siamo passati da 4-5 pazienti un mese fa alla situazione di oggi che vede 28 ricoverati col virus, tre al pronto soccorso in attesa di avere un posto letto e uno in terapia intensiva. Molti sono pazienti che avevano disturbi respiratori anche lievi, risultati positivi al tampone. Altri sono anziani positivi, venuti in ospedale per cadute che non escludo siano avvenute a seguito dei primi sintomi generici del Covid stesso. Altri pazienti, al momento 6 o 7 su 28, sono venuti per altre cause e sono positivi”. 

“Abbiamo poi – continua – anche un numero, al momento limitato, ma da tenere sotto sorveglianza, di pazienti ricoverati che si positivizzano. Abbiamo tentato di fare un’analisi su questo e l’idea che ci siamo fatti è che potrebbe esserci il rischio che i parenti in visita ai malati portino il virus, vista l’enorme frequenza di positività che c’è in questo periodo in Italia. Anche perché spesso li troviamo senza mascherine nelle stanze e non possiamo fare controlli a tappeto. Abbiamo limitato le visite a due fasce orarie di 45 minuti ciascuna, e a una sola persona per paziente ma purtroppo abbiamo questo sospetto”.  

La sovrabbondanza di pazienti ricoverati che si fatica a dimettere si riflette sul pronto soccorso, osserva Ferrante: “Stanno arrivando tanti pazienti. Essendo il nostro un pronto soccorso non tanto grande, i positivi a Covid li possiamo mettere in una piccola area e per ora riusciamo a tenerli isolati pur con difficoltà. Ma poi ci sono gli altri pazienti, i non Covid. La conseguenza è che, avendo ormai saturato i posti letto di Medicina che abbiamo, non riusciamo a ricoverarli e questo comporta una persistenza al pronto soccorso. Quando dopo 24 ore riusciamo a ricoverare, nel frattempo si è già ricreata una nuova coorte di pazienti di area medica positivi e negativi a Covid che hanno bisogno di ricovero”.  

L’effetto di avere così tanti pazienti di competenza internistica, 85, è anche che “abbiamo uno stress enorme sui nostri operatori. Questo ci mette veramente in difficoltà: noi abbiamo un organico misurato su altri numeri (i 59 posti letto accreditati di area medica), non per il 113% in più come sembrerebbe essere adesso”, precisa Ferrante. Cosa potrebbe sbloccare il meccanismo inceppato, ma invece manca? “Secondo me mancano strutture di cure intermedie o anche più basse, tipo alberghi, che possano prendersi i pazienti Covid – ragiona l’esperto – Nessuno si aspettava probabilmente un rimbalzo del genere, ma questo significa che noi non dimettiamo i pazienti Covid, salvo rarissimi casi. E il sistema è intasato. Molto spesso l’Areu ci chiama perché noi teniamo le barelle ferme troppo tempo, pregandoci, imponendoci di liberarle. Ma liberarle è quasi impossibile quando tutte le barelle del pronto soccorso e delle strutture adiacenti sono già occupate da pazienti”.  

L’inizio delle difficoltà e delle segnalazioni risale ad “almeno 15-20 giorni fa. Ora si è stabilizzato questo iperafflusso che non è gestibile, in quanto noi non abbiamo la capacità di dimettere, in particolare i Covid-positivi visti anche i tanti problemi sociali delle famiglie, che stanno aumentando. Con il caldo che prosegue temiamo un peggioramento. E’ una situazione critica. Io credo che il carico sugli ospedali e i pronto soccorso sia veramente eccessivo, perché il territorio al momento non è fatto per gli anziani”.  

Ferrante spiega anche il motivo per cui ha accarezzato l’idea di lanciare un Sos più forte: “Mi vengono sempre in mente le cronache di qualche tempo fa di un ospedale del sud. E dico: non possiamo mettere i pazienti sui materassini per terra, è una cosa indecente. La situazione è davvero critica. Quando poi abbiamo tanti codici gialli e rossi, che hanno la precedenza, le attese si allungano”. La risposta agli alert lanciati è stata “che tutti gli ospedali sono in sofferenza. Io allora mi chiedo perché non viene dichiarata una specie di emergenza? Qualcosa che permetta di lavorare di più. Oggi noi abbiamo il numero minimo di infermieri possibile, e così un po’ tutti gli ospedali, anche quelli pubblici. L’assistenza diventa veramente complicata così – assicura il direttore – e i percorsi di cura si allungano se ci sono troppi pazienti per pochi medici e infermieri”.  

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