Un francobollo speciale celebra i 145 anni di Barilla tra cibo, arte e innovazione

06/12/2022

(Adnkronos) – Da sempre, Barilla sposa l’immaginario, la fantasia e l’arte alla concretezza del ‘saper fare’ e del produrre cibo. Un legame che ha dato vita a campagne di comunicazione d’autore e a ‘popolare’ gli uffici e il pastificio di Parma di quadri e sculture. A chiudere idealmente questo cerchio, Barilla festeggia i suoi 145 anni con un francobollo speciale che racconta e interpreta la storia dell’azienda, il suo rapporto con l’arte, la capacità di guardare al futuro e la vocazione a rispondere con l’innovazione ai bisogni di ogni epoca del suo tempo. Il francobollo, emesso dallo Stato italiano il 6 dicembre, appartiene alla serie tematica ‘le eccellenze del sistema produttivo ed economico’, nata per promuovere la capacità professionale e imprenditoriale italiana e riservata ad Aziende che hanno fatto la differenza per il nostro Paese. Il francobollo è relativo al valore della tariffa B, pari attualmente a 1,20 euro, e la tiratura è di 300.015 esemplari.  

Tutto inizia a Parma nel 1877, con una piccola bottega di pane e pasta. 145 anni dopo, Barilla è ancora un’azienda di famiglia, non quotata in Borsa, presieduta dai fratelli Guido, Luca e Paolo Barilla. Grazie a un percorso contraddistinto da passione, qualità e attenzione alle esigenze delle persone, quel negozio è diventato la Barilla che conosciamo oggi: un attore mondiale nel mercato della pasta, dei sughi pronti, dei prodotti da forno e dei pani croccanti, presente in oltre 100 Paesi, con le sue marche e con 30 siti produttivi, che ogni anno concorrono alla produzione di oltre 2 milioni di tonnellate di prodotti. Il Francobollo Barilla ha come soggetto una mongolfiera ed ha al centro il nuovo logo Barilla, con l’anno di fondazione, un rosso più intenso, per descrivere al meglio l’amore di Barilla per la pasta. L’assenza della sua componente bianca, storico riferimento alla pasta all’uovo, descrivere al meglio un’offerta ormai più ampia, differenziata e inclusiva, per rispondere ai bisogni in evoluzione del consumatore, come ad esempio la pasta integrale e la pasta senza glutine. La mongolfiera rielabora uno storico manifesto del 1947, realizzato dal pittore e grafico Giuseppe Venturini da un’idea di Carlo Mattioli, a ricordare come negli anni l’arte si sia sempre intrecciata con la visione imprenditoriale di Barilla. L’opera in questione (In alto dal 1877) rappresentava un’azienda e un Paese: la fiducia nel domani, la volontà di lasciarsi alle spalle le difficoltà del dopoguerra e tornare ‘in alto’.  

Da quella prima ‘mongolfiera’ sono passati 75 anni, ma Barilla non ha mai smesso di salire e allargare i suoi orizzonti. Ha attraversato boom e recessioni, globalizzazione e pandemia, tra innovazioni tecnologiche (dall’invenzione del packaging per la pasta a quella stampata in 3D o realizzata con farina di legumi), culturali (la nascita, con Mulino Bianco, della colazione all’italiana), campagne di comunicazione diventate fenomeni di costume, fino alle grandi tematiche mondiali dello sviluppo sostenibile, della nutrizione, dell’inclusione sociale, della parità di genere. Un viaggio raccolto e immortalato in un archivio storico che, dal 1987, custodisce la storia dell’azienda. Un patrimonio storico oggi interamente digitalizzato e accessibile a tutti, riconosciuto dal ministero della Cultura ‘di notevole interesse storico’ perché ‘racconta l’evoluzione del costume italiano’.  

Il francobollo per i 145 anni Barilla vuole idealmente tramandare verso il futuro questa visione positiva e ottimista di un’azienda sempre proiettata verso il domani. E si candida a oggetto del desiderio per appassionati e collezionisti, a ridosso del Natale, momento clou per regalarsi il cibo e scambiarsi (o spedirsi) lettere e cartoline d’auguri. Secondo un’indagine Ixè, sono oltre 10,7 milioni (+24%) i cesti con regali enogastronomici entrati nelle case degli italiani per le ultime feste di Natale. Mentre la rinnovata passione globale per lettere e cartoline (rigorosamente scritte a mano e imbucate nella cassetta delle lettere) vede quasi 5mila italiani iscritti sulla piattaforma-fenomeno postcrossing, che si sono spediti e hanno ricevuto oltre 1,2 milioni di cartoline.  

La scelta di rappresentare i 145 anni di Barilla attraverso un’opera che incrocia arte e pubblicità è quanto mai azzeccata. È nel primo dopoguerra che Pietro Barilla, alla guida dell’azienda assieme al fratello Gianni, capisce che la chiave del successo non è solo nella qualità dei prodotti, ma anche in una sapiente cura dell’immagine. Lo affiancano in questa iniziativa intellettuali e artisti con cui ha stretto rapporti di amicizia, tra gli altri Pietrino Bianchi, Orio Vergani, Carlo Mattioli, Erberto Carboni. È proprio grazie al sodalizio con il grafico Erberto Carboni che nasce il logo dell’azienda, il brand incorniciato nell’ovale, che, seppur rivisto varie volte, è arrivato fino ai giorni nostri. Arrivano così gli slogan degli anni Cinquanta, i manifesti e, molto importanti, le prime confezioni di pasta: l’immaginario, la fantasia e l’arte si sposano alla concretezza del ‘fare’ e del produrre. I primi passi di una filosofia aziendale sempre legata alla cura particolare dell’immagine, della pubblicità che non è altro che la creatività e il tocco dell’artista applicato al commercio.  

Un campo, tra arte e comunicazione, che Barilla ha continuato ad esplorare negli anni, anche grazie a collaborazioni d’autore con straordinari registi, come Federico Fellini, Wim Wenders, David Lynch, Giuseppe Tornatore e Gabriele Salvatores. E alle interpretazioni di personaggi e testimonial del mondo dell’arte e dello spettacolo come Giorgio Albertazzi, Dario Fo, Mina, Massimo Ranieri e Pierfrancesco Favino. E icone dello sport (Alberto Tomba, Roger Federer, Steffi Graf) che hanno prestato il loro volto alla creatività. Col tempo, la frequentazione di Barilla con critici e artisti ha portato Pietro Barilla a circondarsi di opere d’arte moderna e a circondarne tutti i suoi collaboratori. Così gli uffici e il pastificio di Parma hanno assunto l’aspetto di un affascinante museo, un connubio insolito tra la bellezza del saper fare (e produrre) cibo e i colori e le forme dei quadri e delle sculture.  

Ne sono passati di anni dall’età dell’oro della corrispondenza, tra fine Ottocento e inizio Novecento, quando c’era persino un ‘linguaggio segreto dei francobolli’ che, a seconda di come e dove veniva incollato (inclinato, rovesciato, sdraiato, ecc.), permetteva di scambiarsi messaggi in codice che non potevano essere intercettati da altri. Chi l’avrebbe detto che proprio oggi, nell’era dell’instant messaging e dell’effimero, il vecchio francobollo avrebbe vissuto una seconda vita pop? La moda ne ha fatto un oggetto cult, riproducendolo su T-shirt, long dress e abiti-cartolina. E il distanziamento forzato degli ultimi anni ha sancito anche il rinascimento analogico di cartolina & francobollo, oggetti fisici e immateriali al tempo stesso che ribadiscono l’importanza del contatto oltre la distanza. Proprio quando ci si preoccupa che i bambini non sappiano più scrivere in corsivo, i Millennials tornano a spedire lettere e cartoline, con un certo gusto retrò: carte da lettera originali, di grammature preziose, penne particolari e lapis temperati, corsi di calligrafia vanno per la maggiore anche tra i regali di Natale, tanto che in Italia il segmento della scrittura traina (+3%) il mercato della cartoleria, con un peso del 36% sul totale e un valore di quasi 150 milioni di euro. 

E i nativi digitali? L’analogica cartolina si fa anche smart per conquistare i consumatori più giovani. Arriva dall’America la tendenza di spedire cartoline d’auguri personalizzabili con codici QR, che rimandano a siti web dove il mittente può caricare contenuti multimediali personalizzati, come video, foto, testi e musica. Il destinatario li può visualizzare e ascoltare scansionando il codice con lo smartphone. E ancora, servizi che consentono di scrivere un messaggio a mano su carta, scattare una foto e caricarla. Sarà l’azienda a stamparlo sulla cartolina scelta e spedirlo al destinatario. Anche se si perde la magia della spedizione a mano. 

E naturalmente si parla e si discute sempre più di cartoline e francobolli anche sui social. Negli ultimi 12 mesi ci sono state oltre 70mila conversazioni a tema handwriting, postcrossing e postcard, mentre sono 2,5 milioni i post sul fenomeno postcrossing: una piattaforma-community nata nel 2005 e diventata un caso globale. Chi si registra può spedire cartoline ad altri membri che il sistema seleziona casualmente e, a loro volta, ne possono ricevere dalle più diverse regioni del mondo. Finora si sono registrati più di 800mila individui provenienti da circa 200 Paesi, che si sono spediti oltre 67 milioni di cartoline.  

I francobolli sono legati a doppio filo con il collezionismo: la filatelia ha appassionato generazioni con miti come il Penny black, il primo francobollo mai emesso, dedicato alla Regina Vittoria, il nostrano Gronchi rosa, il British guiana 1c magenta, recentemente battuto all’asta da Sotheby’s a 15 milioni di dollari. E c’è già chi si chiede quanto valgono i francobolli dedicati alla Regina Elisabetta. Pur non aspirando a queste vette, con 300.015 esemplari stampati, il francobollo Barilla si candida a nuovo oggetto del desiderio tra gli appassionati, mondo che l’azienda di Parma conosce bene. Basti pensare alle cartoline pubblicitarie Barilla degli anni ’20 e ’30, le sorpresine del Mulino Bianco, di collezione cult degli anni Ottanta da 1300 esemplari, il Coccio, che ha unito le tavole di tre generazioni di italiani, e il progetto ‘Dedicato a Te’, che personalizza i prodotti più iconici del gruppo in eleganti confezioni regalo.  

Il pallone areostatico, per la sua stessa capacità di sollevarsi da terra, ha da sempre suscitato curiosità e ammirazione. E’ Carlo Mattioli ad ideare l’immagine della mongolfiera Barilla con i due personaggi – uno intento a salutare l’oggi, l’altro proteso a scrutare il domani – ma a tracciarne i contorni è la mano di Giuseppe Venturini, parmigiano come Mattioli e milanese di adozione. ‘In alto dal 1877’ è lo slogan che compare sui manifesti. Ed è una vivace mongolfiera a portare il messaggio: la guerra è passata, la Barilla c’è ancora. Sinonimo di progresso e di un’epoca nuova, la macchina volante dei fratelli Montgolfier era destinata a diventare uno dei più vistosi e ricorrenti soggetti di arte (da Paul Klee a Ippolito Caffi, a Pierre Puvis de Chavannes, fino alla mongolfiera specchiante di Doug Aitken), letteratura (da Jules Verne a Italo Calvino) e réclame, anche in Italia. A Bologna, per esempio, nella prima metà dell’Ottocento una campagna pubblicitaria fu varata per finanziare le spedizioni di coraggiosi pionieri come Francesco Zambeccari e Francesco Orlandi. Nel 1906, una gara di palloni aerostatici fu tra le attrazioni più attese all’Esposizione Internazionale di Milano in occasione dell’apertura del traforo del Sempione. Sontuosi manifesti a colori intitolati Cirillo Stephenson annunciarono la festa aeronautica con immagini di mongolfiere in volo sulle città monumentali italiane, da Milano a Roma a Napoli. 

Nel 1935, quando ormai i cieli d’Europa erano solcati dagli aeroplani, le mongolfiere divennero protagonisti della comunicazione pubblicitaria. Alla Fiera Campionaria di Milano, presso il padiglione della Buitoni-Perugina, fu fatta scendere dall’alto una mongolfiera con a bordo della sua navicella i quattro moschettieri. Erano i protagonisti della celebre parodia radiofonica che stava conquistando i consumatori italiani, e la seconda serie delle loro radioavventure era intitolata appunto ‘I quattro moschettieri in pallone’. Una trovata clamorosa che innescò il più coinvolgente e rivoluzionario fenomeno pubblicitario degli anni Trenta. Perciò l’allegra mongolfiera del pastificio Barilla, diffusa per mezzo di manifesti e cartoline postali, è il sintomo della rinnovata promessa di volare alto, di dimenticare i guasti della guerra e di riprendere progetti ambiziosi già posti in cantiere prima del conflitto. Quella cordicella sospinta dal vento è un filo d’Arianna che sta riconducendo il pastificio verso i cieli della qualità. 

Alla base dell’impegno di Barilla, quindi, c’è un modo di fare impresa rispettoso delle persone e del pianeta ed è per questo che, in occasione dei suoi 145 anni, Barilla ha rinnovato questo impegno introducendo una nuova Purpose: ‘The joy of food for a better life’, un impegno a offrire alle persone non solo dei prodotti alimentari, ma la gioia che il cibo buono, ben fatto e con ingredienti selezionati può dare loro. Dunque, tutto inizia a Parma nel 1877 ed ecco la storia. 

1877: nasce a parma la Barilla. Pietro Barilla apre una bottega di pane e pasta a Parma. Nel 1898 arriva ‘un piccolo torchietto in legno per fabbricare la pasta e venderla nel negozio’. Se ne facevano circa 50 kg al giorno. Nel 1903 si producono 400 kg di pasta al giorno, nel 1905 si arriva a 2,5 tonnellate.  

1910-1947: Barilla diventa impresa e arriva alla sua seconda generazione. Al fondatore succedono nei primi anni del ‘900 i figli Riccardo e Gualtiero. Nasce il primo stabilimento, con 100 operai e la produzione di 80 quintali di pasta al giorno. Nello stesso anno viene registrato il primo marchio: un bimbo che versa un tuorlo d’uovo in una madia di farina. Il primo grande successo commerciale della famiglia è il confezionamento della pastina glutinata. Riccardo Barilla, dopo la morte del padre e del fratello, guida la crescita negli anni Venti e Trenta. Nel 1936, Pietro, figlio di Riccardo, entra in azienda e comincia lo sviluppo della rete commerciale. Nel 1937, il lancio della pasta fosfina (grazie al fosforo, dà forza ai deboli, sostiene i forti), segna l’avvio dell’attenzione della famiglia Barilla per il tema nutrizione. 

1947-1971: Barilla inventa il packaging della pasta e ‘conquista’ l’Italia. Alla morte di Riccardo Barilla, nel 1947, prende le redini dell’azienda la terza generazione della famiglia. Pietro Barilla, che si occupa soprattutto di marketing e promozione, e il fratello Gianni, attento allo sviluppo della fabbrica e dell’amministrazione. Il viaggio di Pietro in America, nel 1950, diventa il simbolo, spartiacque, tra il passato e il futuro dell’azienda. Conosce da vicino le logiche della pubblicità, le tecniche del marketing, il packaging e la grande distribuzione organizzata. Il primo effetto di questo confronto con il nuovo è l’adozione della confezione di cartone per la pasta, fino a quel momento venduta sfusa o esportata in cassette di legno. All’inizio degli anni ‘60 Barilla diventa società per azioni. Ha 1.300 dipendenti e 200 addetti alle vendite. Nel 1965 Barilla entra per la prima volta nel mercato dei prodotti da forno confezionati, producendo grissini e cracker. Nel 1969 viene costruito lo stabilimento di Pedrignano, a pochi chilometri da Parma, il più grande pastificio al mondo, con una capacità produttiva di 1.000 tonnellate al giorno. 

1952-1975: da Mina al Mulino Bianco, Barilla fa sognare gli italiani. Dal sodalizio con il grafico e architetto Erberto Carboni la messa a punto del logo dell’azienda – il brand incorniciato nell’ovale – arrivato, dopo varie revisioni e ritocchi (l’ultimo nel 2022) fino a noi. Per aumentare la sua notorietà e affermare la pasta su tutto il territorio nazionale, Barilla decide di puntare sulla pubblicità, che in quegli anni muove i suoi primi passi in tv. Tra i testimonial attori italiani come Giorgio Albertazzi, il futuro premio Nobel per la Letteratura Dario Fo, i cantanti Mina (preferita all’ultimo a Sophia Loren) e Massimo Ranieri. Nel 1975 nasce Mulino Bianco, una nuova linea di prodotti da forno, tra cui biscotti, sostituti del pane e merende che segna l’affermazione della colazione all’italiana e anticipa i tempi, mettendo in scena il bisogno del ritorno alla natura e alle cose buone e genuine.  

1979-1993: il rilancio ‘dove c’è Barilla c’è casa. Nel 1979 Pietro Barilla ritorna alla guida del gruppo. Lo storico riacquisto dell’azienda, dopo una parentesi di 8 anni, coincide con la ripresa di una strategia industriale e comunicativa di lungo periodo, fondata sull’idea di rilanciare la pasta e sviluppare l’offerta dei prodotti da forno. Sono gli anni della collaborazione di Barilla con i più grandi registi del cinema mondiale. Federico Fellini, nel 1985, firma una pubblicità geniale che prende in giro la nouvelle cuisine allora in ascesa (la coppia sofisticata seduta al tavolo di un ristorante di lusso rifiuta portate dal nome francese per ordinare rigatoni, tra lo stupore di tutti). Nel 1990 è invece la volta di un giovanissimo Giuseppe Tornatore, reclutato insieme a Ennio Morricone per la campagna sulla Famiglia del Mulino, dedicata al brand Mulino Bianco. Va così in scena un universo di valori – la famiglia, la natura, l’ambiente, la qualità dei prodotti e delle materie prime – che ancora oggi connotano l’azienda. Tutte campagne raccolte e immortalate in un archivio storico che, dal 1987, custodisce la storia dell’azienda e i cambiamenti della società italiana. 

1993-oggi: Guido, Luca e Paolo alla guida dell’azienda, tra internazionalizzazione e sostenibilità. Nel 1993, dopo la scomparsa di Pietro Barilla, l’azienda passa nelle mani dei figli Guido, Luca e Paolo. E le parole d’ordine diventano due: espansione internazionale e sostenibilità. Gli anni ‘90 e il primo decennio degli anni 2000 sono caratterizzati dalla crescita sui mercati europei e statunitense, l’apertura di nuovi impianti produttivi e l’acquisizione di importanti marchi quali Pavesi (Italia), Misko (Grecia), Filiz (Turchia), Wasa (Svezia), Yemina e Vesta (Messico) e Harrys (Francia). Nel 2016 Barilla porta avanti il piano di espansione geografica in Brasile e Medio Oriente, confermando al contempo la sua forza negli USA e nei mercati emergenti dell’Asia. 

2004-2009: nascono Academia Barilla e la Fondazione Barilla. Produrre cibo buono e sano non basta più: in Italia l’inaugurazione nel 2004 di Academia Barilla – un progetto culturale dedicato alla conoscenza e promozione della gastronomia regionale italiana, forte anche di una Biblioteca che custodisce oltre 15.000 volumi di letteratura gastronomica – segna anche l’avvio di un’attenzione molto forte ai valori, sociali e culturali, che ruotano attorno al cibo e alla sua preparazione. Il 2009 vede la nascita della Fondazione Barilla, centro di pensiero e di proposte che ha l’obiettivo di analizzare, con un approccio multidisciplinare, i grandi temi legati all’alimentazione e alla nutrizione nel mondo.  

2010-2022: Barilla e il business sostenibile, tra benessere delle persone e filiere responsabili. Sostenibilità è la bussola che guida oggi il business del Gruppo di Parma: promozione di stili di vita sani e di un’alimentazione sostenibile, miglioramento continuo dei prodotti esistenti all’insegna della doppia piramide (nutrizionale e ambientale), sostegno all’agricoltura nazionale, valorizzazione della diversità. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Dal 2010 sono 476 i prodotti riformulati da Barilla per ridurre il contenuto di grassi, grassi saturi, sale e/o zucchero o incrementando il contenuto di fibre. Dal 2016 la scelta di non utilizzare l’olio di palma. Il miglioramento continuo dei processi produttivi ha permesso, in 10 anni, di ridurre del 31% le emissioni di CO2eq. e del 23% il consumo idrico per tonnellata di prodotto finito. Nel 2018, Barilla ha intrapreso un progetto di Carbon Neutrality per il brand Wasa, esteso negli anni successivi ad altri 3 brand del Gruppo: Harrys, Gran Cereale e Mulino Bianco. 

E sono oltre 10.000 le aziende agricole coinvolte in progetti di agricoltura sostenibile riguardanti le materie prime principali. Per esempio, La Carta del Mulino, in Italia, e la Carta di Harrys, in Francia, per il grano tenero. Il decalogo per la coltivazione sostenibile del grano duro Barilla, tra contratti di filiera e agricoltura di precisione. La Carta del basilico, per un ingrediente principe di salse e pesti pronti. In tema di diversità e inclusione, nel 2021 Barilla è la prima azienda italiana ad aggiudicarsi il Catalyst award per la sua attività di valorizzazione della leadership femminile sul luogo di lavoro e di inclusione per tutti i dipendenti a livello globale.  

2018-2021: Investire nel futuro. Barilla annuncia 1 miliardo di euro di investimenti in cinque anni nel proprio assetto industriale. La metà in Italia. Circa il 60% sarà finalizzato ad aumentare il livello di competitività e sostenibilità attraverso il miglioramento dei processi e delle tecnologie, mentre circa il 40% sarà indirizzato a supportare la crescita geografica e l’innovazione. Accanto agli investimenti industriali proseguono le acquisizioni. In Italia, il pastificio di Muggia (Trieste) da Pasta Zara. All’estero, Catelli e Pasta Evangelists, per crescere in Canada e in UK. Con Blu1877, il braccio di Venture Capital dedicato a supportare nuove idee imprenditoriali nel settore food e la creazione di un nuovo digital hub a Londra, Barilla guarda alle nuove tendenze globali di consumo in un mondo che sta cambiando. Nel frattempo, entra in Italia nella categoria delle creme spalmabili con la nuova crema Pan di Stelle, la pasta stampata in 3D diventa realtà con BluRhapsody e la farina di legumi ‘si fa’ pasta e biscotti.  

2022: il viaggio continua. I festeggiamenti dei 145 anni di vita dell’azienda coincidono con il lancio della nuova pasta Al Bronzo, che unisce gusto e consistenza unica a una confezione in cartoncino 100 % riciclabile, fatta di carta proveniente da foreste gestite responsabilmente. E un nuovo logo che omaggia la passione nel fare la pasta e l’anniversario dell’azienda. Nel frattempo, cresce l’agriBosco, un luogo che Barilla regala alla comunità di Parma, dove boschi e agricoltura sostenibile coesistono e mostrano come l’azienda intende interpretare il suo ruolo nel mondo. E rinasce a nuova vita, sempre nel segno dell’esperienza della pasta, la Bottega Storica di Parma, dove tutto ha avuto inizio. A riprova che in Barilla passato, presente e futuro sono e continueranno a essere legati da un doppio filo fatto di tradizione e innovazione, di orgoglioso “saper fare” e di apertura verso nuove idee per sviluppare soluzioni alimentari sempre più sostenibili.  

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