Covid e immunità gregge, è possibile? Cosa dicono Bassetti, Gismondo, Pregliasco

12/07/2022

(Adnkronos) – E’ possibile raggiungere l’immunità di gregge con il covid? Mentre i contagi aumentano così come il tasso di positività, con il virus che continua a mutare, gli esperti – da Bassetti a Gismondo, Pregliasco e Ricciardi – rispondono alla domanda se sia possibile o meno raggiungere questo obiettivo. 

Bassetti
 

“L’immunità di gregge non si raggiungerà mai perché il virus” di Covid “continua a mutare. Noi l’abbiamo imparata a conoscere con un virus che era sempre lo stesso e con un vaccino che era in grado di ridurre significativamente i contagi e la malattia grave, per esempio quello del morbillo. Però non possiamo usare per Sars-CoV-2 l’espressione immunità di gregge perché è un virus respiratorio che continua a cambiare, mentre l’R0 del morbillo è sempre stato di 18. Mentre con Sars-CoV-2 era prima 2, poi 20 e magari domani sarà 30. Dobbiamo ragionare sull’immunità per le forme gravi di malattia Covid e questa l’abbiamo già raggiunta”. Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. 

Bassetti spiega perché abbiamo una immunità verso la forma grave di patologia associata al Sars-CoV-2: “Tra chi è vaccinato con tripla dose, più i guariti dal Covid una o due volte, ogni volta mettiamo un paletto in più e una difesa in più contro l’autostrada iniziale con cui il virus entrava nei polmoni. Oggi il virus ci entra meno e siamo di fronte ad una immunità contro le forme gravi di malattia Covid, direi 98-99% della popolazione”, stima l’infettivologo. 

Gismondo
 

Se contro Covid-19 l’immunità di gregge resterà o meno un’utopia, “non è possibile prevederlo adesso”, perché “dipenderà dalle mutazioni future del virus. E comunque l’immunità naturale sarà sempre superiore a quella conferita da vaccini vecchi”. Così all’Adnkronos Salute Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano. 

“Questo virus è tutto ancora da scoprire” nelle evoluzioni che avrà, premette l’esperta. Però “noi – aggiunge – possiamo sempre guardare a quella che è stata la storia delle pandemie, che sono finite solo quando il virus si è diffuso, si è creata un’immunità e la maggior parte della popolazione si è trovata protetta”. E’ proprio nella speranza che la storia si ripeta che “io credo – ribadisce la microbiologa – che in questa fase in cui Sars-CoV-2 si sta diffondendo così significativamente, possiamo aspettarci che la popolazione rimanga immune e che la pandemia possa finire. Ripeto – tiene a precisare Gismondo – è un pensiero di esperto che si fonda su quelle che sono le conoscenze e su quella che è la storia delle pandemie. Se poi questo virus si comporterà diversamente, certamente non lo posso prevedere”. 

Pregliasco
 

“Non un’immunità di gregge intesa come azzeramento” della possibilità di contagiarsi, bensì “un’immunità intesa come periodica riduzione della quota di popolazione suscettibile all’infezione”. Considerate le caratteristiche di mutevolezza e imprevedibilità di Sars-CoV-2, “un’immunità ‘a onde’” è l’unica possibile contro Covid-19 secondo il virologo Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene dell’università Statale di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi. Su questo tipo di immunità, spiega l’esperto all’Adnkronos Salute, possiamo agire regolando la lunghezza delle ‘onde buone’, quelle con una fetta più consistente di popolazione protetta, attraverso la vaccinazione e le misure prudenziali anti-contagio. 

Per descrivere la forma di immunità alla quale è realistico puntare dovendo convivere con Covid, Pregliasco torna a fare riferimento all’andamento epidemico fatto di “onde di salita e di discesa a cui stiamo assistendo, onde come quelle create da un sasso buttato in uno stagno”, ribadisce. Ci saranno cioè periodi come questo, con “Omicron 5 super contagiosa, una grossa quota di popolazione suscettibile all’infezione e i ‘rubinetti’ dei movimenti e dei contatti sociali molto aperti”, e periodi successivi in cui “per 4-6 mesi dall’infezione o dalla vaccinazione una quota maggiore di soggetti rimarrà immune”. E poi “ancora nuove varianti nei cui confronti sarà maggiore la quota di persone suscettibili, che ancora una volta si ridurrà con vaccinazioni e/o infezione naturale”. Secondo il virologo sarà dunque “un po’ come con l’influenza, che non colpisce ogni anno le stesse persone, ma quelle non immuni perché non sono vaccinate o perché non la fanno da un po’”. Un’immunità a onde, appunto. 

Vaccinazione a parte, Pregliasco invita comunque a fare sempre attenzione ai “rubinetti dei contatti: bisogna stare sempre in guardia, perché se apri l’acqua calda di botto è più facile scottarsi e ti ritrovi con una quantità di soggetti contemporaneamente malati difficile da gestire”. 

Ricciardi
 

L’immunità di gregge o di popolazione, “con un virus che provoca così tante reinfezioni, non è tecnicamente possibile”. Si può avere, nelle persone che si infettano, “una momentanea refrattarietà, ma che dura pochi mesi. Con germi così contagiosi e, soprattuto, che hanno capacità di infettare di nuovo, non c’è nessuna possibilità”, dice all’Adnkronos Salute Walter Ricciardi, docente di Igiene all’università Cattolica e consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza. 

L’immunità di gregge, spiega Ricciardi, “si acquisisce quando si arriva ad avere un’immunità permanente, grazie a un vaccino o a un’infezione naturale. Con Sars-CoV-2 questo non accade proprio perché estremamente contagioso e in grado di reinfettare”. 

Lopalco
 

“Con Sars-Cov-2 non ci sarà immunità di popolazione. Le caratteristiche di questo virus – ovvero la capacità di evadere il sistema immune e produrre infezioni ripetute, insieme al fatto che esiste un reservoir animale – indicano chiaramente che la circolazione virale non potrà mai essere fermata. Ma questo noi esperti lo sapevamo fin dall’inizio”. Lo spiega all’Adnkronos Salute l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’Università del Salento.
 

La Vecchia
 

Il progetto dell’immunità di gregge per sconfiggere Covid-19 si è rivelato “la grande delusione”. “Quando all’inizio siamo andati a fare il vaccino, tutti noi abbiamo sperato che l’avremmo raggiunta, arrivando prima a un 80% di copertura, poi al 90-95%. Come per il morbillo, abbiamo sperato che la malattia sparisse. Invece non è stato così, il target è stato corretto al rialzo” mentre si passava “di variante in variante”, ma per un “nulla di fatto”. E “il ‘dramma’ per l’immunità di gregge, quello che ha smantellato i piani iniziali, è stato la variante Omicron”. A tracciare all’Adnkronos Salute quello che appare essere ormai un destino segnato per il sogno di uno scudo definitivo anti-Sars-CoV-2 è l’epidemiologo Carlo La Vecchia, docente all’università Statale di Milano. 

Quello che sta emergendo è che “chi si è infettato con Omicron 1 può rifare Omicron 2 e poi Omicron 5. Se continueranno a svilupparsi sottovarianti che non rispondono all’immunità acquisita dalla precedente sottovariante o dal vaccino – prosegue La Vecchia – l’immunità di gregge non ci sarà. Poi come tutti i virus, ma stiamo guardando lontano, anche Sars-CoV-2 a un certo punto si stabilizzerà. Oggi però questo è un virus nuovo che continua a variare. E’ possibile che si stabilizzi, ma purtroppo fino ad ora ogni 2-3 mesi abbiamo avuto una sottovariante che era in grado di contagiare sia i vaccinati sia chi aveva fatto la sottovariante precedente”. 

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