Covid, Mantovani: “Ecco cosa abbiamo imparato dalla pandemia”

11/12/2021

Nella crisi sanitaria che stiamo vivendo, a contagiarci non è stato solo Covid-19, ma anche l’epidemia di fake news che ha raggiunto tutti, alimentando paure e false speranze. L’immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’ospedale universitario Humanitas, nel suo nuovo libro, “L’orchestra segreta” (La nave di Teseo), fa chiarezza, partendo da un imperativo categorico: quello delle ‘tre R’: responsabilità sociale, rispetto dei dati e rispetto delle competenze, “Chi fa ricerca biomedica ha il dovere di chiedersi quale sia l’impatto sulla comunità del proprio lavoro e del modo in cui lo comunica. Dire che basta una dose di vaccino o che la malattia è sufficiente a dare immunità, o ancora che i sieri iperimmuni funzionano…sono solo esempi di un mancato rispetto dei dati. Capace, potenzialmente, di indurre comportamenti pericolosi”. 

Dunque, la pandemia ci ha insegnato alcune cose fondamentali che non possono essere intaccate dalle fake news. La prima: che “Covid-19 non è come un’influenza”. I coronavirus sono molto diffusi nel mondo animale e noi uomini sperimentiamo frequentemente quelli di tipo alfa: sono i virus del raffreddore, meno insidiosi perché infettano principalmente le vie aeree superiori. Il protagonista della pandemia fa invece parte del tipo beta, pericoloso. La seconda: “Sars-Cov-2 entra anche nel sistema nervoso centrale”. Siamo ormai abituati a vedere la corona caratteristica di Sars-Cov-2, che è la copertura proteica (envelope) intorno al pacchetto genetico. Ma è questa corona, la trappola che ci fa ammalare. Le sue punte, fatte da proteine chiamate spike, sono come chiavi in grado di aprire le serrature. Si attaccano ad altre proteine, cioè i recettori ACE2 delle membrane cellulari, e aprono le porte. I virus non sanno moltiplicarsi da soli, perciò entrano nelle cellule e ne prendono il controllo, per trasformarle in fabbriche di proprie copie. Il coronavirus non attacca solo le vie respiratorie: per esempio, entra nel sistema nervoso centrale usando un varco diverso da ACE2. 

La terza ‘verità’ imparata è che “I vaccini sono la speranza”. “I vaccini sono la nostra speranza di uscire dalla pandemia”, si legge nel libro ‘L’orchestra segreta”. “Proteggerci dall’infezione o dalle forme gravi della malattia è quello che fanno i vaccini contro Covid-19. E scongiurare l’ospedalizzazione e la morte è straordinariamente importante sia per il singolo sia per l’intera società, perché mette in sicurezza il Servizio sanitario nazionale, consente di fare screening e curare il cancro, prevenire e curare le malattie cardiovascolari, effettuare interventi chirurgici e tanto altro ancora. Proteggere dalla malattia grave, insomma, ci mette tutti in sicurezza”. 

E ancora: “Il vaccino protegge più che aver fatto la malattia”. Tra le cose che sappiamo, nota l’immunologo nel suo nuovo libro, è che vaccinarsi protegge più che ammalarsi, specie negli anziani. E ormai lo testimonia i dati sul campo.  

“L’Rna messaggero funziona”. L’immunologo ricorda come il vaccino a Rna messaggero è “un miracolo della ricerca scientifica avvenuto in meno di un anno, ma con alle spalle vent’anni di ricerca in campi diversi”. I vaccini Pfizer-Biontech e Moderna veicolano materiale genetico: per la prima volta nella storia, non contengono parti del virus o particelle virali ma forniscono al nostro corpo le informazioni necessarie per produrre la proteina Spike, allenando così il sistema immunitario a riconoscere il virus senza mai esservi venuto in contatto. L’immunologo spiega quindi come “non si altera affatto il patrimonio genetico di una persona e – ribadisce – non ci sono conseguenze a lungo termine come la sterilità” o altre paure infondate.  

“L’eredità pesante nei ragazzini e negli adulti”. “I medici dell’ospedale Giovanni XXIII a Bergamo e colleghi in Inghilterra hanno osservato, in pazienti in età pediatrica e negli adolescenti in particolare, apparentemente guariti dall’infezione, la comparsa di un quadro clinico molto grave, che spesso porta in unità di cura intensiva, simile a quello dell’arterite di Takayasu, una malattia autoimmune che colpisce i vasi” scrive Mantovani nel suo libro. E spiega: “Si tratta in realtà di una nuova malattia cui è stato dato il nome di Mis-c (Multiorgan Inflammatory Syndrome Sars-Cov), i cui meccanismi di sviluppo rimangono in larga misura misteriosi. Inoltre, ci si è accorti che Covid-19 può lasciare, nelle persone guarite un’eredità pesante, il Pasc, più noto come long Covid: un quadro dai contorni ancora mal definiti che comprende problemi respiratori, articolari, cardiovascolari e psichici, che costituisce una grave sfida di salute”. 

Abbiamo appreso inoltre che “alcuni si ammalano più di altri”. E tra i fattori che determinano la gravità o meno della malattia ci sono “l’invecchiamento, con l ‘innalzamento del tono infiammatorio” che rappresenta “il principale fattore di rischio”, scrive l’immunologo. “Altri fattori sono l’obesità e lo stile di vita (per esempio il fumo), anch’essi legati al tono infiammatorio e allo stato immunologico”. Ma ‘pesa’ anche la genetica o tutto e in particolare i geni che hanno a che vedere con l’immunità chiamata ‘innata’.  

Infine, non ultimo, “Le cure giuste”. “Abbiamo imparato a non usare tanti farmaci rivelatisi inutili, come l’aspirina, e a utilizzare nella giusta finestra temporale, durante l’evolversi della malattia, farmaci come i cortisonici nei pazienti con insufficienza respiratoria” scrive Mantovani, sottolieando invece come non abbia funzionato invece la terapia con plasma iperimmune. E poi ci sono “gli anticorpi monoclonali, su cui si concentra la ricerca: fabbricati in laboratorio da un singolo clone cellulare, sono tutti identici fra loro, in grado di agire contro un bersaglio specifico”. E gli antivirali, che a breve arriveranno anche in Italia.  

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